La scomparsa delle botteghe in Toscana: chiuse 3.500 in undici anni.
Un bandone abbassato fa tristezza. Non in senso figurato. Otto #toscani su dieci si sentono tristi di fronte al fenomeno e il 22% di chi vive in una zona con sempre meno negozi vuole cambiare casa.

Un po’ la #pandemia, un bel po’ l’e-commerce e «parecchio la politica», dice Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Toscana, «hanno condannato alla scomparsa un modello sociale identitario per la nostra regione e tutta l’Italia». Anche lui ha avuto un sussulto di fronte all’ultima indagine condotta dall’associazione di categoria insieme ad Svg sulla «desertificazione» del commercio nel Paese.

Secondo lo studio il 22% degli #italiani sarebbe pronto a cambiare casa e quartiere se si acuisse un fenomeno che ormai pare inarrestabile. Solo in Toscana, negli ultimi undici anni, sono spariti 3.500 #negozi di prossimità. Per la precisione 3.482. Erano 16.445 nel 2012, l’ultima rilevazione, ferma al 2023, ne registra 12.963. A Firenze ne sono spariti più di mille, a Livorno 530, a Pisa 304. Le due città della costa, insieme ad Arezzo, sono quelle che registrano la flessione più alta. Nel decennio del grande salto della rivoluzione digitale nel #commercio, le chiusure hanno superato il 24%, trasformando non solo parte del sistema economico dei capoluoghi, ma anche la loro conformazione #sociale.

Il #covid poi, specialmente sulla costa, ha scavato un fossato ancora più profondo. L’indagine Swg rispecchia i dati della provincia di Livorno: per l’Osservatorio Economia Maremma e Tirreno, la piattaforma digitale in cui la Cciaa locale raccoglie i #dati sullo sviluppo socio-economico del territorio, le nuove imprese del commercio (iscrizioni) sono diminuite dal 2020 al 2023 addirittura del 43%.

L’emorragia ha svuotato le strade e le frazioni soprattutto di librerie, negozi di abbigliamento, piccole #botteghe di elettronica, ferramenta, alimentari. Rispetto alle periferie, invece, la #riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici: qui, sono sempre meno le attività tradizionali (come carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più quelle che offrono servizi e tecnologia (farmacie +12,4% e telefonia +11,8%), oltre alle strutture ricettive (+42%) e bar e ristoranti (+2,3%). Solo per bar, ristoranti e alberghi si assiste a un’inversione di tendenza: da 8.388 attività del 2012 si è passati alle 9.084 del 2023, 696 in più. Effetto della turistificazione dei centri storici.

«Prima le merci si dirigevano dove c’era la gente, ora ci travolge un’ondata inversa – continua Cursano –: le persone vanno a vivere dove ci sono le merci e nei centri storici domina la rendita. Come può sopravvivere una bottega alimentari o un negozio di abbigliamento se deve pagare un affitto di 20mila euro, aumentato in maniera esorbitante a causa della speculazione delle rendita?».

Per le piccole imprese del commercio è il momento delle scelte choc. «Stiamo cadendo tutti come birilli. Governo, Comuni e Regione cambino rotta. Basta sostegno soltanto all’industria, all’agricoltura e alle multinazionali. Se si vuole che i #commercianti tornino nei centri storici bisogna pagarli per farlo, altrimenti scordatevi di rivederceli».
https://www.iltirreno.it/tosca....na/2024/07/23/news/l

image