Mi sarebbe piaciuto nascere in una società stabile – una società calma, sana e saggia – piuttosto che in una società che precipita caoticamente a un ritmo sempre più accelerato verso un destino che è sempre più impossibile da ignorare.
Per me, il vero progresso non sarebbe la sostituzione degli esseri umani con le macchine, ma il nutrimento degli esseri umani in modo da liberare il loro pieno potenziale, la paziente messa a punto delle nostre prospettive e abitudini in modo da poter vivere meglio insieme.
La comunità alla quale vorrei appartenere non somiglierebbe a nessuna altra comunità.
Si sarebbe evoluto in armonia con le qualità specifiche del suo luogo, della sua storia, dei gusti e dei desideri delle persone che lo componevano.
Sarebbe attraverso questa appartenenza radicata che la comunità potrebbe raggiungere la sua fioritura: i suoi miti, la sua musica, i suoi mestieri, il suo cibo, le sue bevande, i suoi festival, la sua etica.
In una società del genere, le persone deciderebbero da sole, tra di loro, come vogliono vivere.
Non ci sarebbe alcuna “autorità” centrale remota che pretendesse dati e tasse, imponendo i suoi rigidi requisiti, garantendo che tutto e tutti fossero conformi al suo modello meccanico di come dovrebbe essere la vita.
Le persone crescerebbero sentendosi libere e istintivamente resistenti alle interferenze esterne.
Semplicemente non accetterebbero le richieste avanzate da estranei giustificate solo dalle regole e dal gergo che questi stessi estranei hanno inventato.
Non tollererebbero la distruzione di un prato o di una foresta tanto amati a causa di obiettivi o piani o della priorità sancita dalle istituzioni data al rullo compressore dello “sviluppo” e della “crescita economica”.
E, poiché vivevano in modo semplice, sano, naturale e collaborativo, non avrebbero dovuto sprecare la maggior parte del loro tempo e delle loro energie faticando per il guadagno di qualcun altro, solo per avere il puro diritto al cibo e al riparo.
Invece, ognuno contribuirebbe al benessere della propria comunità in qualunque modo possibile.
Un mondo del genere sarebbe perfetto solo nel senso che l’imperfezione umana fa parte della perfezione complessiva dell’organismo che chiamiamo natura, Terra, cosmo.
Ma sarebbe un mondo vivo, un mondo caldo, un mondo gentile, un mondo reale.
E può essere nostro, se lo vogliamo davvero.
È tempo per noi di riprenderci il nostro futuro dalle mani intrise di avidità dei bugiardi ladri-tiranni che, ormai da così tanto tempo, hanno messo fuori gioco il nostro mondo.
È giunto il momento di riprenderci la nostra vita.